Il tempo verbale è un modo facile e IMMEDIATO che ho sempre proposto nel mio stile di coaching per “invitare” la mente inconscia al cambiamento che vogliamo. Leggi qui tutto sull’utilità del parlare al passato.
Conoscere nozioni di intelligenza linguistica ci permette di condizionare a nostro favore le nostre emozioni, e quindi, adottare strategie di intelligenza emotiva. Le due “intelligenze” sono strettamente correlate infatti. In questo passaggio di Ascolta i grilli e scendi dall’ottovolante trovi TUTTO sul tempo al passato, il perché è utile parlare al passato per iniziare a SENTIRE emotivamente la differenza di ciò che faceVAMO e che non vogliamo più fare d’ora in poi.
IL TEMPO VERBALE È EMOZIONALE: IMPARA A USARE L’IMPERFETTO
IMMAGINA una persona, chiamiamola Pasquale, che voglia smettere di alzarsi stanco al mattino e di avere l’impressione di ingranare solo al terzo o quarto caffè.
Cosa può fare verbalmente Pasquale per aiutare il suo sistema nervoso, il suo ippocampo e le altre parti del cervello che percepiscono e catalogano gli eventi in memoria?
Pasquale può aiutare concretamente la sua mente inconscia (con tanto di sistema nervoso, ippocampo, memoria, emozioni legate a eventi) iniziando con l’IMPERFETTO.
Esiste una differenza emozionale tra la frase: Ogni mattina la stessa storia, mi alzo sempre stanco! e la frase: Fino a ieri mi alzAVO stanco, da oggi scelgo…
Riesci a percepire la differenza emozionale anche fra le due frasi ripulite da avverbi di tempo e frequenza?
• Mi alzo stanco la mattina
oppure
• Mi alzAVO stanco.
Quale delle due trattiene un peso emotivo? Quale delle due BLOCCA la situazione nel presente? Quale invece lascia spazio al miglioramento e alla scelta? Ora ti faccio un’altra domanda importante: hai provato qualcosa di diverso DENTRO pronunciandole, anche fra te e te? Cioè, riesci a sentirle emotivamente diverse?
LA LINEA DEL TEMPO
Nella nostra mente, nell’ippocampo e in tutte le parti a esso collegate che si occupano di memoria, abbiamo disegnata una linea del tempo. Abbiamo cioè un’idea precisa di cosa abbiamo fatto ieri, cosa faremo oggi e cosa sarà o potrebbe essere domani.
Infatti, se ti chiedessi di ricordare quando ti sei lavato i denti o guardato allo specchio stamattina, l’immagine dovrebbe essere abbastanza chiara e darti un senso di «veramente vissuto».
Se invece ti chiedessi di ricordare quando stamattina sei andato in ufficio in elicottero, avresti un’immagine più incerta e confusa. Potresti anche divertirti ad arricchirla di elementi di fantasia ma sapresti, dentro di te, che non l’hai mai vissuta.
Accade la stessa cosa per il futuro. Ecco come facciamo a distinguere il passato dal futuro: hanno una struttura diversa, una percezione diversa. Hai presente il film Una settimana da Dio, quando Jim Carrey apre il mega schedario dove Dio ha archiviato tutta la sua vita fino a quel momento? Bene, la nostra mente è un po’ così: c’è un cassettone che contiene il nostro passato, catalogato, e poi c’è un cassettone di aspirazioni rivolte al futuro e di azioni ripetute nel presente. Questi cassettoni sono influenzati dal tuo uso verbale.
Con l’uso dei tempi verbali tu hai il potere di spostare eventi dal presente al passato e dal futuro al presente.
AIUTA IL «SIGNORE DELL'IPPOCAMPO»
I cassettoni vengono organizzati in base agli eventi e alla tua percezione. È come se ci fosse un incaricato apposito, un «Signore dell’ippocampo», che senza sosta sistema la catalogazione degli eventi.
E qui arriva il bello: se continui a dire Non sarò mai puntuale, La mia vita è un continuo sali e scendi, Non smetterò mai di fumare, Non dimagrirò mai, Io bestemmio sempre, Io sono aggressivo, Io sono un perdente, Io non mi stimo, Io non mi amo abbastanza, come credi che il Signore dell’ippocampo cataloghi queste frasi?
Se tu continui a ripetere quello che non vuoi al tempo presente, lui continuerà a pensare che è qualcosa che tu VUOI mantenere al presente!
Dal momento stesso in cui pronunci le frasi al tempo passato e influenzi verbalmente la tua percezione temporale ed emozionale, il Signore dell’ippocampo comincerà a mettersi in allerta. Da principio, metterà un post-it sui file che stanno forse subendo una riclassificazione. A seguito della terza, quarta, ventesima volta che ti sentirà parlare di quelle azioni al passato e percepirà che il sistema nervoso sta reagendo in modo diverso, il Signore dell’ippocampo prenderà i file e li metterà nel cassettone del passato, per sempre.
A quel punto le frasi diventerebbero: Non ero mai puntuale, La mia vita prima era un continuo sali e scendi, Non riuscivo a smettere di fumare, Non credevo di dimagrire, Bestemmiavo sempre, Ero un tipo aggressivo, Mi sentivo un perdente, Non mi stimavo, Non mi amavo abbastanza.
Dimmi un po’, non sembra anche a te di leggervi un presupposto nascosto?
- Se dici che non eri mai puntale, significa che adesso lo sei
- Se dici che non riuscivi a dimagrire, vuol dire che ora hai trovato il modo
- Se dici che bestemmiavi sempre, significa che adesso non lo fai, o lo fai molto meno di prima
- Se dici che non ti stimavi e non ti amavi abbastanza, presupponi che ora le cose siano cambiate.
ORA USA TU L'IMPERFETTO
Adesso pensa a qualcosa che fai e che ti piacerebbe diventasse immediatamente parte del tuo passato: abitudini o atteggiamenti che se potessi archiviare per sempre potrebbero fare una certa differenza, oppure LA differenza, o anche soltanto qualcosa che ti darebbe semplicemente sollievo.
Ora prova a dire, usando il presente, Io ogni giorno (o ogni volta, o ancora), e poi pulisci la frase dagli avverbi e cambia il verbo mettendolo al tempo imperfetto (-AVO, -EVO, -IVO): Io ____________VO.
Continua, esplicitando il presupposto intrinseco: Io ___________VO, invece ora ____________.
Avrai pensato a (o scritto) qualcosa del tipo: Io mangiavo in fretta, Io parlavo ad alta voce, Io assillavo mia moglie, Io mi alzavo arrabbiato, Io ero scontrosa, Io fumavo eccetera…, invece ora…
Esercitati ancora. Pensa a quei comportamenti che desidereresti mettere nel tuo passato. Però stai molto attento a non confondere quello che credi (o credevi) da quello che sei (o eri).
Per esempio: non è corretto dire Io ero un perdente, è più corretto dire Io mi ritenevo e mi comportavo da perdente. Distingui sempre la tua identità dai comportamenti e dagli atteggiamenti non utili.
Non è corretto dire Io non ero costante. È più corretto dire In quel preciso campo non mi comportavo in modo costante, ma ora ho individuato i vantaggi e mi comporto in modo costante anche in quell’ambito.
La costanza è la conseguenza di un determinato modo di comportarsi, può essere manifesta in alcuni aspetti della nostra vita e in altri no, semplicemente perché in alcuni ambiti abbiamo imparato a viverne i vantaggi a livello inconscio. Ecco un esempio eloquente.
Anni fa, un signore di sessant’anni che voleva dimagrire seguendo il metodo del Giusto Peso Per Sempre, mi disse:
«Sì, però io non sono costante». Allora gli chiesi se era sposato ancora con la stessa donna e mi rispose di sì, da più di trent’anni. Poi gli domandai se faceva sempre lo stesso lavoro e mi spiegò che era imprenditore e che seguiva la sua azienda da più di trent’anni… Direi che di costanza quel signore ne avesse da vendere, solo che non aveva imparato ad applicarla alla perdita di peso in eccesso…
Quindi, il messaggio importante da rispettare è:
- Ridimensiona ciò che fai e contestualizzalo a un tempo preciso
- Metti al passato ciò che non vuoi più fare
- Non dimenticarti di distinguere sempre un atteggiamento (mutevole per natura) dalla tua persona.
Ora esercitati un po’ con il passato. Pensa a modi di fare, credenze, comportamenti, abitudini o atteggiamenti che hai messo in atto anche fino a cinque minuti fa e pronunciali al passato usando il tempo imperfetto. Se ti risulta più utile scrivi.
Se l’esercizio ti è sembrato utile, valuta l’ipotesi di rifletterci su ancora un po’ e di pronunciare di nuovo queste frasi, anche solo nella tua mente, domani e dopodomani e il giorno dopo ancora. Considera la possibilità di coinvolgere il tuo sistema nervoso, di chiedergli esplicitamente con quale frase si sente meglio. Lo so, può essere bizzarro parlare con il proprio sistema nervoso, eppure è uno dei modi più semplici e diretti per aiutarsi a cambiare, a risolvere situazioni e problemi e a migliorare.
Domandare direttamente al sistema nervoso come si sente e quale frase preferisce ci rende innanzitutto consciamente consapevoli di cosa succede dentro di noi e ci permette di vivere esplicitamente i vantaggi del cambiamento, anche se al momento si è realizzato soltanto a livello verbale.
Prima ti rendi consapevole dei vantaggi emozionali e prima avverrà il cambiamento. Più spesso vivi i vantaggi del cambiamento e prima vivrai come desideri.

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